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Idrossiurea riduce la mortalità nei pazienti con anemia drepanocitica


Lo scopo dello studio è stato quello di verificare se l’Idrossiurea fosse in grado di ridurre la mortalità nei pazienti con anemia drepanocitica, detta anche anemia falciforme.

Sono stati arruolati 291 pazienti che avevano preso parte allo studio MSH ( Multicenter Study of Hydroxyurea in Sickle Cell Anemia ) condotto tra il 1992 ed il 1995.

Il periodo di follow-up ( osservazione ) è iniziato nel 1996 ed è terminato nel 2001.

I pazienti presentavano frequenti episodi dolorosi.

Nello studio MSH i pazienti sono stati assegnati in modo random a ricevere Idrossiurea ( n=152) o placebo ( n=147).

Un totale di 75 pazienti è deceduto nel corso del follow-up, di cui il 28% per malattia polmonare.
I pazienti con conta dei reticolociti inferiore a 250.000/mm3 e con livelli di emoglobina più bassi di 9 g/dL hanno presentato un aumento di mortalità ( p=0.002 ).

L’incidenza di mortalità cumulativa a 9 anni è stata del 28% quando i livelli di emoglobina fetale ( HbF) erano più bassi di 0,5 g/dL al termine dello studio contro il 15% quando i livelli di HbF erano uguali o più alti di 0,5 g/dL ( p=0.03 ).

I soggetti che hanno presentato sindrome toracica acuta nel corso dello studio, hanno avuto un’incidenza di mortalità del 32% contro il 18% dei soggetti senza sindrome toracica acuta ( p=0.02 )..

I pazienti con 3 o più episodi dolorosi per anno durante lo studio clinico avevano una mortalità del 27% rispetto al 17% dei pazienti con episodi meno frequenti ( p=0.06 ).

L’assunzione di Idrossiurea è risultata associata ad una riduzione del 40% della mortalità ( p=0.04 ).

In 3 casi c’è stata insorgenza di tumore , di cui uno fatale.

Questo studio indica che l’assunzione di Idrossiurea per frequenti episodi di anemia falciforme, conduce ad una riduzione della mortalità dopo 9 anni di follow-up.
La sopravvivenza è risultata associata ai livelli di emoglobina fetale e alla freq uenza degli eventi vaso-occlusivi. ( Xagena2003 )

Steinberg MH et al , JAMA 2003; 289:1645-1651


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